Educare significa anche coltivare e promuovere nei giovani ideali e valori positivi, non soltanto impartendo astratte nozioni, ma anche, traendo spunto dai testi e dagli avvenimenti, proponendo figure paradigmatiche per generosità, altruismo, coraggio, amor di patria e grande senso di giustizia e libertà.
È in quest’ottica che l’iniziativa della posa delle Stolpesteine (Pietre d’inciampo), ideata e proposta dall’artista tedesco Gunter Demnig e attuata in alcune città italiane ed europee, deve essere giustamente resa nota anche nelle scuole.
Si tratta di un percorso simbolico, che ricorda i deportati nei Lager, con la posa di una pietra incisa, davanti alle loro abitazioni.
Un segno tangibile e concreto, che rende la memoria parte integrante della nostra quotidianità, intrecciando presente e passato. È il ricordo di un periodo buio della storia, ancora vivo nei nostri nonni, che è un nostro preciso diritto e dovere non dimenticare. Ricordo di cui dobbiamo far tesoro, perché, per chi resta, è il miglior strumento per riflettere e cercare di non commettere gli stessi errori del passato.
Agli studenti del Liceo Arici di Brescia è stato assegnato il compito di presentare la figura dell’avvocato Andrea Trebeschi, ex alunno, compagno di classe e amico di G.B.Montini, il futuro Paolo VI; Trebeschi fu deportato nel 1944 nei campi di concentramento nazisti e morto il 24 gennaio del 1945 nel Lager di Gusen.
L’essere cresciuto in una famiglia non solo di ispirazione cattolica, ma anche culturalmente stimolante e socialmente impegnata, contribuì a maturarne la vivacità intellettuale e l’impegno politico. Nel corso della sua vita egli profuse grandi energie per far sì che la scuola avesse una valenza formativa anche, e soprattutto, nelle coscienze dei giovani.
Mi sembra significativo citare le parole dell’avvocato Cesare Trebeschi, figlio di Andrea:
“[…] pare importante che, camminando sulle nostre strade, i cittadini inciampino nella memoria di semplici vittime, vittime non soltanto ma anche e forse soprattutto del complice silenzio di chi preferisce stare alla finestra […]”.